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Lapilli - I figli di Ish 2.5 - Aurora R. Corsini

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Racconto Natalizio gratuito

Titolo: Lapilli
Autrice: Aurora R. Corsini


Il racconto è ambientato circa un mese e mezzo dopo l’epilogo di “Fiamme scarlatte – I figli di Ish 2”.

Il volto lo fissava dalla pagina, implacabile e duro. L’inchiostro era sbavato agli angoli, forse a causa di un lieve malfunzionamento della stampante, e Misha tracciò con l’indice i bordi della fotografia in bianco e nero. Era l’immagine di un passaporto, innocua e formale.

Era una porta sull’abisso, sconfinato e terribile.

Il suo labbro inferiore pulsava e si accorse di avervi affondato i denti con forza eccessiva; schiuse la bocca e lenì il dolore con la lingua, succhiando piano la carne abusata. Sbatté le palpebre alcune volte per schiarirsi la vista, come se gli fosse necessario ripartire da zero, riavviare il motore interno che si era inceppato.

Il volto era ancora lì. Qualcuno avrebbe potuto definirlo tranquillo, forse addirittura sereno, ma lui conosceva bene la piega sprezzante che erano in grado di assumere quelle labbra e non si sarebbe lasciato ingannare da quella vacua neutralità. Non c’era traccia di tranquillità o serenità nei suoi ricordi di quell’uomo.

Nocche scabre e muscoli minacciosi.

Misha si sforzò di trarre un respiro nonostante la morsa che gli aveva strizzato i polmoni. Il foglio tra le sue mani tremava e iniziò ad accartocciarsi quando le dita si strinsero attorno ai lati, al di là del suo controllo. L’immagine un poco sbiadita della fotografia sul passaporto si inclinò e fu attraversata da una piega.

No, doveva fermarsi. Avevano bisogno di quel pezzo di carta, era importante. Il primo indizio concreto che i ricercati fossero ancora là fuori, impegnati in chissà cosa, nascosti dietro nomi fasulli. Lesse quello riportato sotto la foto e si chiese se appartenesse a qualcuno di reale, o se fosse solo un’altra maschera, un altro inganno creato per confondere la pista che loro stavano seguendo a fatica.

«Ho…» Aveva la gola chiusa e deglutì, ingoiando parole e il peso di un vecchio dolore. «Ho trovato… L’ho trovato.»