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11 ottobre, 2025
«Devi essere ragionevole, caro.»
Cole appoggiò la testa al freddo cuoio di una delle poltrone wingback del padre e sospirò, facendo del proprio meglio per allontanare la mente dal brusio della voce materna. La madre lo aveva invitato a casa per tormentarlo di nuovo su quella che lei percepiva come la sua condizione di celibato cronico; o almeno tale era l’impressione di Cole, che non provava alcun interesse per quanto aveva da dirgli.
«Io esco con gente, madre,» brontolò.
La verità riguardo alla sua situazione stava a metà tra quello di cui la madre lo accusava e la sua versione. Cole aveva appuntamenti romantici, e di frequente, ma di rado più di un tot di volte con la stessa persona. Non che gli piacesse vivere le relazioni in quel modo, ma nessuno manteneva mai acceso a lungo il suo interesse.
La sua ricerca del partner avveniva soprattutto quando non ne aveva reale intenzione: a pranzo con la sorella, al supermercato, chiacchierando con un cliente. Non gli piacevano bar e discoteche. Il suo migliore amico, Ryan, aveva rinunciato da secoli a convincerlo a uscire di casa, e gli stava bene passare il tempo alla villa di Cole, presso la tenuta, se voleva vederlo nel fine settimana.
La famiglia di Cole possedeva un’azienda vinicola di discrete dimensioni e di buon successo in California, nel cuore della regione dei vini. Apparteneva alla famiglia da generazioni e lui, dopo il college, aveva assunto il controllo delle attività quotidiane. Era dato per scontato da sempre che avrebbe ereditato Mallory Vineyard, perciò aveva passato l’età adulta a prepararvisi.
Non che desiderasse che i genitori morissero, anzi. I suoi nutrivano scarso interesse per la gestione dell’azienda, ma ne apprezzavano l’aspetto di patrimonio di famiglia. La madre, Constance, aveva trovato un accordo con i suoi genitori, gli attuali proprietari, e predisposto che la tenuta passasse a Cole invece che a lei. Quello era l’accordo, da anni.
«Lasceranno l’azienda a Kristen!» urlò sua madre. Quella rara perdita di aplomb attirò la sua attenzione.
«Scusa… cosa?» chiese Cole, sicuro di aver sentito male.
«Se non ti sistemi lasceranno la vigna a Kristen nel testamento.» Crollò sulla poltrona.
«Ma Kristen nemmeno la vuole. Tra una settimana si sposa e si trasferisce nel Connecticut,» rispose Cole, ricordandole fatti a lei ben noti.
«Probabilmente la venderà,» concordò Constance.
Lui alzò le sopracciglia. «Allora fai sì che la lascino a te, e tu potrai lasciarla a me.»
«Non è possibile,» si lamentò la donna. «Sai com’è la nonna quando si fissa con un’idea.»
Cole chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie, frustrato da quella inattesa svolta negli eventi.
«Nonna sa che sono gay?» chiese, aprendo gli occhi e rivolgendo un’occhiata beffarda alla madre.
«Ti sorprenderà, Cole, non le può importare di meno con chi ti sistemi, basta che tu lo faccia. Mi ha ricordato almeno otto volte che Mallory Vineyard è un’attività a conduzione famigliare e porta il nome di una famiglia.»
«E lei preferirebbe lasciare che Kristen la vendesse piuttosto che cederne il possesso a uno scapolo?» Cole si alzò dalla poltrona e andò verso la finestra, appoggiò le mani sul davanzale e guardò fuori. L’ufficio del padre godeva di una delle viste migliori offerte dalla dimora principale e, con enorme piacere del figlio, non dava su casa sua, che si trovava dall’altra parte della tenuta.
«La famiglia, Cole,» gli ricordò la madre in tono gentile.
«È assurdo, cazzo,» mormorò lui, passandosi una mano tra i capelli neri corti. Tornò al tavolino accanto a cui era seduto e si chinò a posare un bacio frettoloso sulla guancia della madre.
«Ti prego, sii ragionevole,» lo supplicò di nuovo lei.
«Mi serve un drink, mamma.»
Cole la lasciò nello studio e decise di percorrere a piedi gli ottocento metri attraverso la tenuta per tornare a casa. Spinse la porta d’ingresso, se la chiuse bene alle spalle e girò la chiave, come se con quel gesto potesse tenere fuori dal suo spazio privato la conversazione e la nube nera che aveva creato.
In cucina, si versò un bicchiere di Cabernet e tirò fuori dalla tasca il telefono per scorrere le centinaia di nomi in rubrica.
Ginger @ Starbucks
Tatuaggi, stazione di servizio
Pasticcere di Kristen
Biondino @ Target
Jackson
Caleb
Ryan
Con un gemito, selezionò il numero di Ryan. L’amico non rispose e Cole non lasciò messaggi, scegliendo invece di finire il vino e mollare il telefono sul bancone della cucina. Andò di sopra, in camera, e scalciò le scarpe nel guardaroba, prima di togliersi i pantaloni e la camicia a manica lunga. Si levò gli slip e gettò tutto nella cesta dei panni da lavare. Andò nudo nel bagno, che si trovava in un angolo della stanza, entrò nella doccia e aprì l’acqua calda.
Si posizionò sotto il getto e si versò del bagnoschiuma nella mano, masturbandosi rapidamente – a che pro farsi la doccia senza un orgasmo? – poi si lavò e uscì ad asciugarsi.
Prese dei jeans puliti e un paio di mutande dal cassetto, e si vestì distrattamente. Si passò una mano tra la peluria della pista dell’amore, assicurandosi che petto e pancia fossero asciutti prima di infilarsi una semplice maglietta nera.
Tornato in cucina, notò che Ryan non lo aveva richiamato, però aveva due telefonate perse della madre. Non aveva voglia di affrontarla, quindi spense il cellulare e lo lasciò lì, prese chiavi e portafogli e uscì di casa.
Cole si issò sul sedile della sua Range Rover e si allontanò dalla tenuta Mallory, dalla famiglia e da quelle complicazioni inattese. Girò per la città, e per tutto il tempo mugugnò tra sé e sé sui nonni. Aveva sempre avuto in mente di sistemarsi, sposarsi e magari prendere un cane o avere figli, ma aveva solo ventotto anni. Perché tanta fretta?
Si fermò nel parcheggio del Tubby’s e spense il motore. Entrò dalla porta sul retro e prese posto all’angolo al bar.
«Non mi aspettavo di vederti stasera. Anzi, mai.»
Cole alzò lo sguardo e fissò a occhi stretti Ivan, il barista.
«Posso andarmene,» suggerì indicando la porta da cui era appena passato.
«Certo, vai,» rispose l’altro con espressione priva di allegria.
Si fissarono in silenzio finché Cole non notò un guizzo traditore a un angolo della bocca. Ivan allargò le labbra in un sorriso e, ridendo, allungò una mano sul bancone per stringere la sua.
«Dove cazzo sei stato, amico?» chiese mentre gli versava una pinta di birra. «Non ti vedo da una vita. Almeno da quando tu e Caleb avete rotto.»
L’umore di Cole peggiorò per un istante; era la seconda volta, quella sera, che pensava a Caleb, due volte di troppo per i suoi gusti. Non aveva pensato spesso a lui nell’ultimo anno e gli andava bene così. Anche se fossero stati insieme quando aveva ricevuto l’ultimatum della nonna, non l’avrebbe sposato.
Per fortuna Caleb aveva rotto con lui prima che Cole fosse costretto a fare quella telefonata.
«Ero occupato a mandare avanti la tenuta,» rispose sorseggiando la birra.
«È già diventata tua?»
Lui scosse la testa.
«Di te che mi dici? Che cosa combini?» chiese nella speranza di cambiare argomento.
«Oh, sai com’è. Sono contento che sia arrivata la stagione turistica.» Ivan fece un sogghigno malizioso.
Cole alzò gli occhi al cielo; il suo vecchio amico del liceo aveva reputazione di essere un donnaiolo. Con i suoi capelli castani ondulati e i luminosi occhi azzurri, Ivan non aveva mai avuto problemi a intrufolarsi nel letto di innumerevoli damigelle della sposa, studentesse delle confraternite e divorziate di mezz’età in visita estiva.
«Quante quest’anno?» domandò Cole bevendo un altro lungo sorso del suo drink.
«Un gentiluomo non racconta le sue conquiste,» disse Ivan fingendosi inorridito. «Decisamente non sono sei.»
Lui rise e scosse la testa.
Un gruppo di persone all’altro lato del bar chiamò Ivan, il quale versò a Cole una seconda pinta prima di allontanarsi. Lui finì la prima e attaccò l’altra, e intanto ripensò alla conversazione avuta con la madre.
Il pensiero che la nonna lasciasse l’azienda a Kristen, solo perché lui non aveva una relazione a lungo termine e legalmente vincolante, era terribilmente frustrante. Kristen aveva ventitré anni ed era una ragazza sciocca, interessata solo al numero di zeri sul conto bancario del fidanzato, Edward.
Un conto a sei zeri: Cole lo sapeva perché gliel’aveva detto il padre. Come se a Cole importasse qualcosa dei soldi, o di quanti ne avrebbe avuti a disposizione la sorella dopo aver circuito il povero Edward Fulton e averlo convinto a sposarla sulle bianche spiagge della Polinesia Francese.
Per quanto Cole non avesse alcun interesse ad assistere mentre Edward si rovinava la vita legandosi a Kristen, non vedeva l’ora di passare cinque giorni e quattro notti su una spiaggia privata. Non aveva nessuno da portare con sé, e per un attimo si chiese se avere un accompagnatore degno di un matrimonio di famiglia potesse bastare a convincere la nonna che la Mallory Vineyard doveva passare a lui, come era sempre stato nei piani.
Mezza pinta più tardi, decise che era un’idea campata in aria.
Una risata sguaiata dall’altra parte del bar attirò la sua attenzione. Guardò in quella direzione in tempo per vedere Ivan chinarsi verso una bionda tettona che rideva nel modo penosamente ovvio di chi vuole farsi notare.
Ragionò che avrebbe potuto andare con una donna. Sarebbe stata una totale finzione, ma magari avrebbe placato la sua famiglia, se lui e lei si fossero comportati in modo abbastanza convincente. Avrebbero dovuto raggiungere un accordo, ovvio, Cole non era attratto dalle donne, ma se avessero potuto avere ciascuno le proprie tresche clandestine…
Dopo un’altra mezza pinta, decise che come idea era ancora peggiore della prima.
Sospirò. Non sapeva dove sbattere la testa.
***